Da tanto non scrivo e non condivido tematiche, esperienze e riflessioni, anche se di quest’anno così complicato avrei molto da scrivere.
Da fundraiser freelance, che lavora con enti differenti, ho elaborato tante strategie, costantemente in evoluzione e tutte diverse fra loro. Ho esplorato campi a me poco conosciuti, formandomi (in tempo zero) e sperimentando.
Un anno interessante, un anno impegnativo…
Per questo l’articolo sarà differente da quelli precedenti. Questo articolo sarà una riflessione e, se avrai piacere, uno spazio di confronto.
La mia parola d’ordine è stata: “flessibilità” accompagnata da “io amo il mio lavoro”
La flessibilità, il problem solving e la rapidità nel prendere decisioni e di plasmare le strategie sulla base dei vari DPCM, sempre in evoluzione, sono stati il fulcro della raccolta fondi e della comunicazione.
Le piccole non profit con strutture snelle, direttivi open mind e con collaboratori qualificati, hanno superato la pandemia abbastanza agevolmente. Per gli enti piccoli e senza una raccolta fondi strutturata, questa pandemia è stata un campanello d’allarme per armarsi di professionisti capaci e appassionati.
Per noi fundraiser una continua rincorsa, un continuo cambiamento, una continua ricerca di positività e speranza. Un continuo equilibro tra raccontare la verità della nostra realtà, la necessità di aiuto e le soluzioni per continuare a seguire la nostra mission.
Le raccolte fondi, i mercatini di natale, i rapporti con i volontari, con i colleghi con il direttivo sono diventati tutti virtuali…
Noi che lavoriamo sull’empatia, elaborando campagne di raccolta fondi per sostenere progetti che aiutano chi ne ha bisogno, che raccontiamo il potere di un (piccolo) gesto, dei rapporti umani, di un abbraccio, della condivisione abbiamo vissuto sulla nostra pelle la mancanza di questi rapporti. Abbiamo dovuto cambiare. Abbiamo dovuto imparare a potenziare i nostri strumenti.
Una campagna che quest’anno mi è rimasta nel cuore…

La campagna di crowdfunding per il Progetto NormalMente mi è rimasta nel cuore perché sono riuscita a conoscere i beneficiari di persona. Ho potuto trascorrere una giornata con loro e ascoltare le loro storie.
Una campagna di cui mi sono sentita partecipe. Grazie anche al mio lavoro tutti hanno potuto accedere ad uno spazio precluso al pubblico, vedere i loro volti, scoprire i loro bisogni e aiutarli.
Il progetto NormalMente è nato durante i mesi dell’emergenza COVID-19 per offrire attività ludico-ricreative alle persone disabili. La campagna è stata lanciata sulla piattaforma Produzioni dal Basso a seguito di un lungo lavoro di costruzione di rapporti sul territorio e si è conclusa prima di Natale.
Una campagna che mi ha dato soddisfazione e che mi ha portato a scrivere nero su bianco: io sono una fundraiser e amo il mio lavoro!
E tu come hai affrontato la pandemia? Quali campagne ti hanno dato più soddisfazione?
Serena
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